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Cinecittà potrebbe diventare federalista e passare a Regione, Comune e Provincia. Un’ipotesi dopo il passo indietro di Galan

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Dopo l'approvazione della manovra di Tremonti e Galan, chi si farà carico di gestire Cinecittà e il Luce? Il Lazio intanto vara la prima legge quadro per il cinema regionale.

Il futuro di Cinecittà potrebbe essere federalista. Dopo la manovra finanziaria voluta da Tremonti e da Galan, approvata dal Parlamento la scorsa settimana e subito promulgata da Napolitano, il Governo nazionale ha segnato un significativo passo indietro nella gestione di Cinecittà. Meno soldi, assorbimento del personale in eccesso, ridimensionamento della mission. Il prossimo passo potrebbe essere quindi un graduale passaggio di consegne ai tre enti locali competenti: Regione Lazio, Comune e Provincia di Roma. Da escludere invece la chiusura di Cinecittà o del Luce. Sarebbe uno scandalo di risonanza internazionale. Il federalismo cinematografico caratterizza ormai una buona parte del cinema italiano. Ma, finora, non aveva mai toccato in modo significativo il comparto cinematografico romano. Ora, però, le premesse ci sono tutte e l’ipotesi di una gestione locale di Cinecittà sta cominciando a circolare negli ambienti cinematografici della Capitale. La Regione Lazio, guidata dalla Polverini, intanto sta per varare, con tempi da record, la prima legge regionale per il cinema e l’audiovisivo. La nuova normativa, elaborata dall’Assessore alla Cultura della Regione, Fabiana Santini, prevede, fra le altre cose, la concessione di sovvenzioni per attività di produzione, distribuzione, esportazione, promozione, esercizio, conservazione, studio e diffusione delle immagini. Particolare attenzione viene rivolta al sostegno di opere realizzate in teatri di posa localizzati nel territorio laziale. Come potrebbero essere quelli di Cinecittà, per esempio. La Regione Lazio, secondo Riccardo Tozzi, il presidente della confindustria del cinema, “ha dimostrato recentemente di capire bene l’importanza del rapporto fra territorio e audiovisivo. Il suo progetto di legge appare per vari aspetti il più avanzato e completo. Contiamo su una collaborazione vasta e continua con questa Regione, che potrebbe veramente costituire un nuovo modello, proprio per la sistematicità e chiarezza dell’approccio”. In un’intervista concessa a La Padania lo scorso 18 gennaio, in  tempi non sospetti, aveva anche detto: ““Non sono leghista. Credo però che il federalismo (nel contesto Europeo) sia l’unica possibilità di rimettere in moto il nostro Paese, da troppo tempo bloccato. Per quanto riguarda il cinema, penso che il finanziamento diretto dello Stato alla produzione cinematografica sia obsoleto”. La decisione sui destini di Cinecittà presa da Tremonti e da Galan sembra andare proprio in questa direzione. Nel resto d’Italia il federalismo sta facendo la parte del Leone. Non solo nelle regioni guidate dal Centro Destra. Nella Puglia di Vendola l’Apulia Film Commission è particolarmente vitale e produttiva. Cota invece, in Piemonte, ha costituito e rafforzato il primo fondo regionale di investimento cinematografico e sta per varare una nuova politica destinata al rilancio degli Studios torinesi della Lumiq. Una strategia simile a quella che Alberto Contri, a capo della Film Commission meneghina, sta studiando per lo sviluppo del cinema di Milano. Roma e il Lazio non sono destinati a rimanere fuori da questo tipo di evoluzione del sistema. Da sempre laboratorio di invenzioni e di un inedito dialogo bipartisan, la capitale potrebbe adesso fare un nuovo salto di qualità. Segnando in modo emblematico e definitivo l’evoluzione federalista del cinema nazionale. Fra i più attivi osservatori della situazione romana c’è Goffredo Bettini, fondatore del festival del cinema di Roma, discreto ma ascoltato consigliere del presidente della provincia di Roma, Zingaretti, spesso a colloquio con Alemanno, con l’assessore alla cultura del Comune di Roma, Dino Gasperini, e, ovviamente, anche con la Polverini. L’attenzione di Bettini è la garanzia migliore per la ricerca di soluzioni bipartisan che siano in grado di assicurare lo sforzo congiunto dei tre enti locali, nonostante il diverso segno politico. Lo Stato centrale, aveva spiegato il presidente dei produttori Tozzi a La Padania “deve fornire solo un quadro legislativo: normativa fiscale generale, finanziamento della formazione e della innovazione (inclusa la produzione di opere prime o di ricerca), prelievi di filiera. Ma alle regioni spettano i compiti decisivi: sostegno della produzione e sviluppo del circuito di sale. Lo scambio fra cinema e territorio è diretto e sano, fondato su una reale comunanza di interessi. Il territorio è luogo di spesa, di formazione, di sviluppo turistico e culturale. I finanziamenti che eroga alla produzione si traducono in vantaggi chiari e misurabili. Sono certo, insomma, che le regioni svolgeranno un ruolo importantissimo nel finanziamento dell’audiovisivo. Con strumenti innovativi, anche fiscali”. Come potrebbe accadere finalmente anche per Cinecittà.

Pubblicato su La Padania il 19 luglio 2011


Archiviato in:cinema Tagged: alberto contri, andrea piersanti, Cinecittà, cinema italiano, dino gasperini, fabiana santini, festival cinema roma, gianni alemanno, goffredo bettini, regione lazio, renata polverini

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